Fra la prima cintura e il West

Mi rimarrà sempre il rimpianto. Di non essere riuscito a portare Alan Brunetta sul palco del cortile di Palazzo Reale durante la rassegna estiva di Cinema a Palazzo per musicare dal vivo L’inferno, film del 1911 firmato da Francesco Bertolini, Adolfo Padovan e Giuseppe de Liguoro. Ci eravamo sentiti alla fine dell’inverno di due anni e mezzo fa, lui aveva accettato con l’entusiasmo colmo di gratitudine di chi adora far ascoltare cosa sa fare. Ancora però non sapevamo che le norme di sicurezza del covid ci avrebbero fatto saltare la rassegna. E la sua serata. A cui tenevamo, perché sarebbe stata sicuramente una bella serata di musica (e di cinema, ma solo come conseguenza). E siccome la rassegna è poi saltata definitivamente, anche negli anni successivi, non è più stata possibile inserirla da nessun’altra parte.

Il rimpianto è una cosa strana. Colpisce languidamente e lascia un’insoddisfazione profonda, perché proietta un risultato ipotizzato come soddisfacente nel nulla che invece ne è scaturito. Sapendo perfettamente che non sarà possibile recuperare alcunché. E non mi limito solo alla serata, perché nell’offuscata serata di ieri, 21 luglio, tra voci che si rincorrevano e a cui non volevo credere, pur sapendo della cosa estremamente stupida a cui mi stavo aggrappando, è arrivata una notizia inaspettata che mi ha lasciato totalmente…com’è che si dice? Ah sì, di merda. Non so quale sia stata la causa, ma queste sono le informazioni che danno soltanto una veste logica all’altrimenti inaccettabile. Nei prossimi giorni saprò tutto con certezza, per quello che può contare, quando ci lascia una persona di neanche 38 anni.

Al momento sono solo confuso. Penso che solo una decina di giorni fa mi aveva inviato il suo ultimo singolo, come faceva ogni volta che pubblicava musica nuova. Un pretesto valido per sentirsi. È un pezzo intitolato You’ve stopped walking away che sarà la colonna sonora del western The Killing of Billy the Kid, in uscita sugli schermi americani il 1° agosto. Alan era un grandissimo musicista (aveva vinto anche il premio Tenco con la band La stanza di Greta) e un maestro della batteria, ma la sua strada musicale aveva da tempo incrociato quella del cinema, prima collaborando per una decina d’anni con i Supershock, un gruppo torinese famoso per aver sonorizzato dal vivo alcuni dei grandi capolavori dell’espressionismo tedesco, poi scrivendo in proprio le colonne sonore di alcuni film, come l’opera prima di Paolo Mitton, The Repairman,

https://open.spotify.com/album/1kp8i4iOaPrmytktHN2cUa?si=C12G25DaQbirEPe7GV2wTg

o Ulysses: A Dark Odissey di Federico Alotto, con Danny Glover, Udo Kier e, vabbe’, anche Walter Nudo.

https://open.spotify.com/album/1CGxtwQfGIwkGf2K6SV32q?si=w8jsmJrSTuKpO4gHlup09g

Scherzando, ma non troppo, avevo risposto alla mail con cui mi inviava l’ultimo singolo, You’ve stopped walking away, dicendogli che la canzone era talmente bella, con quella voce roca e possente di Stefanone Raggi ad arricchirla, che avrebbe oscurato il resto del film, anche perché il regista, Brett Bentman, è sì un esperto del western, ma più che altro perché s’incaponisce, visto che non ne fa mai uno memorabile. Lui avrebbe riso, come faceva sempre, e avrebbe ringraziato di cuore, perché ne aveva tanto. E invece non ho mai ricevuto risposta e mi è sembrato stranissimo, perché rispondeva sempre e in brevissimo tempo, con quella gentilezza che era molto poco rock ‘n’ roll ma faceva tanto brava persona. Ieri sera ho capito perché. E il rimpianto è tutto lì. Per quella serata di Cinema a Palazzo che non si è più potuta fare, per questa canzone che non so se abbia saputo quanto ho apprezzato, ma soprattutto perché non avrò la fortuna di sentirne altre e di commentarle, complimentandomi per il bel lavoro che aveva fatto.

Questa è You’ve stopped walking away,

lui è quello che nell’ultima inquadratura si allontana verso il tramonto cavalcando sulle sue stesse note.

Alan ➜

Pubblicato da giampiero frasca

Scrive di cinema pur essendo cosciente dell'inutilità.